C’è una maglia appesa al muro della sede della Salernitana allo stadio Arechi che parla da sola: è quella di Guillermo Ochoa, il simbolo di una porta difesa con orgoglio. Oliver Christensen la guarda e sorride: “Un grande portiere. Come Schmeichel, il mio idolo da danese. Ma ho studiato anche Casillas, Neuer, Cech... da bambino passavo ore su YouTube a guardare le loro parate”.

Classe ’99, arrivato a Salerno a gennaio dopo cinque mesi vissuti all’ombra alla Fiorentina, Christensen ha scelto di scendere in Serie B per tornare a sentirsi protagonista. “A Firenze ero chiuso da De Gea, Terracciano e dal giovane Martinelli. Non giocavo da troppo e avevo bisogno di ritrovare il campo. Avevo offerte anche dall’estero, ma ho voluto restare in Italia. La Salernitana mi ha cercato e non ho avuto dubbi: qui ho trovato voglia, stimoli e una squadra che lotta davvero per ogni punto”.

In sole otto presenze, il portiere danese ha già collezionato quattro clean sheet, mostrando sicurezza e reattività. Le sue parate contro il Modena e il Bari sono state fondamentali, ma è nella sfida contro la Cremonese che ha messo in mostra il meglio del repertorio: “La più bella è stata quella su Johnsen, di testa da distanza ravvicinata. È stata istintiva, di puro riflesso. Ma la più difficile, tecnicamente, è stata su Vazquez: non vedevo partire il tiro, coperto da un compagno, e ho dovuto reagire in un attimo”.

Christensen è arrivato in una squadra in piena lotta per non retrocedere, ma ha subito trovato un ambiente coeso e determinato. “La chiave è la stabilità – sottolinea –. Gioco con la stessa linea difensiva da otto partite, abbiamo sviluppato automatismi e intesa. La difesa a tre è nuova per me, a Firenze eravamo a quattro, ma ora mi trovo bene. Abbiamo trovato equilibrio, ma dobbiamo continuare così. La nostra missione salvezza passa da lì”.

Ma non c’è solo il campo. Salerno lo ha conquistato. “Amo camminare sul lungomare, ora che arriva la primavera sarà ancora più bello. Ho visitato il Castello Arechi e sono rimasto colpito. E che dire della pizza ad Amalfi? Straordinaria. I pomodori di questa terra sono incredibili”. E poi ci sono i tifosi, un vero motore per la squadra: “Il loro sostegno è unico. In casa creano un’atmosfera fantastica, ma sono presenti anche in trasferta. A Bari erano oltre quattromila, incredibile. Li ringrazio sempre, perché il calcio senza tifosi non esiste. Durante il Covid sembrava un altro sport”.

Il legame con il compagno di reparto Sepe è sincero e profondo. “Luigi è un grande professionista. So che non è stato facile per lui, da titolare a riserva, ma mi ha sempre aiutato. È importante per la squadra, dà consigli a tutti, anche a me. Gli sono grato”.

E ora, otto finali. La corsa salvezza passa da qui. “Pensiamo una partita alla volta. In casa stiamo facendo bene, ma dobbiamo sbloccarci fuori. A Cesena e a Bari potevamo vincere, e non aver perso è comunque positivo. Ma serve una vittoria in trasferta. Il mister è stato bravo a tenerci sereni nei momenti difficili e i veterani stanno dando l’esempio, anche nello spogliatoio. Serve compattezza, passo dopo passo”.

Il prossimo ostacolo è il Palermo. Christensen non si lascia intimorire da nomi come Pohjanpalo o Brunori: “Contano i fatti. Se tirano, io devo parare. Semplice. Dobbiamo pensare solo a vincere. Abbiamo quattro partite in casa che saranno decisive, la prima già domenica”.

Tra gli obiettivi personali, uno spicca su tutti: la Nazionale danese. “Essere convocato di nuovo sarebbe meraviglioso. Ho partecipato al Mondiale in Qatar, è stato speciale. Ora voglio meritarmi un posto per la Coppa del Mondo 2026. So che la concorrenza è alta, ma io ci credo”.

E in caso di salvezza? “Con l’Hertha Berlino festeggiai con un balletto sotto la curva. Magari lo rifarò anche qui. Ma prima, testa bassa e lavoro. Solo restando uniti possiamo compiere questa impresa. I tifosi lo meritano”.

Christensen non è solo il portiere della Salernitana. È il volto della speranza granata.