Diciamolo, a masticare amaro dopo la debacle di ieri non è stato tanto il punteggio, un quattro a zero obiettivamente eccessivo, bensì il modo in cui è giunto contro un avversario forte, determinato e probabilmente con un'idea di gioco già sviluppata rispetto ad una Salernitana "work in progress". Perché perdere a Benevento ci stava, ma il modo in cui il primo stop stagionale in campionato è giunto fa storcere e non poco il naso. Passiva, e votata esclusivamente alla fase di contenimento, la squadra granata è apparsa in difficoltà sulle corsie esterne con i cosiddetti quinti di centrocampo in palese difficoltà sulle sovrapposizioni avversarie. La scelta di inserire tre centrali difensivi per tenere  a bada il solo Coda non ha pagato. Ma al di là dell'assetto tattico quello che  non piaciuto è l'atteggiamento eccessivamente attendista, forse anche timoroso, che ha favorito il gioco in ampiezza del Benevento. Eppure Mezzaroma l'aveva anticipato martedì scorso ad Assist:"i timori reverenziali fanno più danni dell'avversario". Alla luce della serata di ieri,  un monito rimasto inascoltato. Ma c'è dell'altro. Dopo quattro giornate di campionato la Salernitana non ha ancora un precisa identità tattica. Quasi fosse un cantiere aperto alla ricerca del bandolo della matassa. Colantuono sta puntando con decisione al 3-5-2 pur cambiandolo a gara in corso contro Palermo e Lecce. L'assenza di un esterno sinistro oltre Vitale, probabilmente, rende difficile attuare questo sistema di gioco, tuttavia, dare la colpa soltanto al modulo sarebbe riduttivo se alla base manca la capacità di costruire gioco, di proporsi con costanza in fase offensiva, mostrando  personalità e consapevolezza delle proprie forze. Martedi si scenderà di nuovo in campo e dopo la mazzata del Vigorito questo è senz'altro un bene. Colantuono  varierà uomini e, presumibilmente,  anche l' assetto tattico nella speranza di una reazione caratteriale  della squadra. Ma per un torneo da vertice servirà anche la mentalità vincente che a Benevento è venuta a mancata. A cura di Armando Iannece